Alcuni tesori si trovano sul fondo del mare, altri sono nascosti nelle caverne o in fosse profonde nel cuore della Terra. I più difficili da trovare sono quelli che non si possono prendere tra le mani, fatti di indizi, segni, misteri e significati complessi: per portarli alla luce bisogna indagare nei ricordi e nella fantasia.
LA LEGGENDA DI CIVIDATE CAMUNO
Nel centro storico di Cividate, la civitas Camunnorum fondata in epoca romana, svetta una torre medievale, parte di un recinto fortificato più ampio. Costruita verso la fine del XII secolo, con ipotesi di fondazione romana, crollò nel XIV secolo; fu ricostruita nel 1390 dalla potente famiglia dei Federici e completata con merli alla ghibellina dai Beccagutti. Nei sotterranei della torre, uno scrigno nasconde una chioccia con quaranta pulcini d’oro, dote di una principessa longobarda, Ermelinda, che con il suo anonimo marito governa con giustizia per decenni, fino a quando non sopraggiungono i Franchi. La battaglia per la conquista della Valle - è una leggenda, non un fatto documentato - porta alla sconfitta della parte longobarda ma Ermelinda riesce a nascondere per sempre il suo tesoro.
LEUTELMONTE DI ESINE
Un’altra versione della leggenda introduce un nuovo personaggio, Leutelmonte. Non ci sono prove della sua esistenza ma il comune di Esine, dove sarebbe nato, gli ha dedicato una via ed esiste persino un ritratto: il cavaliere ha barba e baffi, indossa una corazza di metallo abbellita da un mantello rosso, con un collare d’oro su cui spicca una testa di leone, simbolo ripreso in grande sulla spalla e nell’elmo da parata posato su un tavolino davanti a lui. Regge una sorta di scettro, dal suo fianco pende una lunga spada e sullo sfondo si scorgono le mura di Brescia, ai piedi delle quali si sta combattendo una delle tante battaglie di cui fu protagonista. Leutelmonte vive da secoli nelle leggende locali e compare in alcuni scritti bresciani dal Settecento in poi: Lorenzo Ercoliani lo racconta nei romanzi storici “I Valvassori Bresciani” e “Leutelmonte”, Giovanni Maria Biemmi ne parla nella "Istoria di Ardiccio degli Aimoni e di Alghisio Gambara". È descritto come un abile guerriero, capo di ladri e di assassini, esperto persino nella caccia all’orso. Cresciuto nell’eremo di Bienno, va per un periodo in Germania e poi diventa signore della Valtenesi. Torna in Valle Camonica a Breno per liberare Engarda degli Aimoni, una fanciulla nobile bresciana lì tenuta prigioniera, che porta con sé nella rocca di Manerba del Garda. Muore il primo agosto del 1109, durante un combattimento “ove più folta era la mischia” contro un esercito di settemila soldati comandato da Ardiccio, padre della fanciulla liberata.
LA LEGGENDA DEL CASTELLO DI BRENO
Oltre alla liberazione di Engarda, Leutelmonte è collegato a Breno per un altro episodio: chiamato dal signore del castello a combattere per conto suo in un duello, ne esce vincitore e in premio riceve una chioccia con dodici pulcini (non quaranta, come riportato nella versione di Cividate Camuno). Il tesoro resta sepolto in qualche angolo della fortezza e chissà, prima o poi potrebbe ricomparire: la collina del castello di Breno ha già restituito reperti importanti, tra cui tracce di presenza umana che risalgono alla fine del Paleolitico, resti di abitazioni e ceramiche del Neolitico, oggetti dell’Età del Rame e del Ferro e le fondamenta di una chiesetta longobarda, dedicata a San Michele Arcangelo.
Scavate in un punto qualsiasi della terra e troverete un tesoro:
solo che bisogna scavare con la fede di un contadino.
(Kahlil Gibran, Sabbia e spuma, 1926)
LA CHIOCCIA DI TEODOLINDA
Nel museo del duomo di Monza è conservato un piccolo capolavoro di oreficeria longobarda, datato tra il IV e il VI secolo: è una chioccia con sette pulcini, in lamina d’argento dorato, con occhi di rubini e zaffiri, che proverrebbero dalla tomba della regina longobarda Teodolinda. La stessa chioccia è scolpita nella lunetta del portale del duomo, in una scena che raffigura il dono del tesoro a San Giovanni da parte della regina. In area germanica la chioccia con i pulcini è simbolo della rinascita della vita. Teodolinda è citata in alcune leggende camune, come quella che la vede di passaggio in Valsaviore, dove avrebbe sepolto un tesoro per proteggerlo dai briganti. La montagna ancora oggi si chiama “Pian della Regina”, che da lei avrebbe preso il nome.
LA CHIOCCIA E ALTRE LEGGENDE
Il blog “Pagine curiose” ha pubblicato un approfondimento sulla diffusione della leggenda, che in Italia trova numerosi riscontri in Toscana, Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia, Calabria ma che compare anche in Romania e in Svezia. La chioccia d’oro ritorna spesso in territori che hanno in comune la presenza o contatti frequenti con Longobardi, Goti ed Etruschi. In Valle Camonica, luogo di passaggio tra il Nord Europa e la Pianura Padana da millenni, esistono diverse testimonianze di scambi culturali con gli Etruschi durante l’Età del Ferro. I Goti giungono a Brixia nel 489 e tracce a essi riferite si rilevano tuttora nella toponomastica locale. Molte chiese camune sono di fondazione longobarda e la città di Brescia è sito Unesco per i luoghi del potere dei Longobardi in Italia, con il complesso di San Salvatore e Santa Giulia.
ITINERARI COLLEGATI
• Breno, centro storico e castello
• Cividate Camuno, centro storico
• Brescia, Museo di Santa Giulia, sezione longobarda
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